Teatro dei Rinnovati Monumento Nazionale
La Storia

Teatro dei Rinnovati

Le Origini

1300

In occasione dei festeggiamenti organizzati per la visita del Granduca Cosimo I dei Medici a Siena nel 1560 fu stabilito di trasformare in sede stabile di spettacolo la storica sala del Consiglio Maggiore della Repubblica, edificata nell’ala del Palazzo Pubblico afferente Salicotto, nel 1343. La Sala fu trasformata in teatro grazie all’opera di Bartolomeo Neroni detto il Riccio e gli Accademici Intronati vi rappresentarono, in onore appunto di Cosimo I, la commedia “Hortensius” di Alessandro Piccolomini.

Intronati

1600

Nonostante la fama raggiunta, gli Intronati, furono colpiti da un decreto di interdizione che durò quasi mezzo secolo. Fu solo nel 1603 che ripresero la loro attività e gli studi in grande competizione con l’accademia dei Filomati fondata nel 1580 da Girolamo Benvolgienti ed alla quale il governatore aveva donato il teatro nel 1647. Le dispute letterarie fra le due accademie cessarono solo nel 1654 per volere del governatore Mattias de Medici che ordinò la fusione delle due istituzioni. Alla nuova accademia che conservò il nome di Intronati, il Granduca rinnovò la donazione del teatro. Da questo momento la storia dell’accademia fu imprescindibile da quella del teatro. Nel 1647 il teatro venne ristrutturato e fu distrutta l’opera del Riccio, perché gravemente danneggiata. I Filomati, proprietari del teatro, secondo quanto riferisce Ettore Romagnoli su fonti ormai irreperibili “fecero rifabbricare il teatro di legno e in miglior forma di prima”.

Nel 1667, gli Intronati decisero di riedificare il loro teatro. I palchetti di legno furono rifatti in muratura, secondo quattro ordini di palchi, distribuiti intorno ad una pianta a forma di U, a mezza strada fra il teatro mediceo degli Uffizi e nuovi progetti emiliani già diffusi in Europa. Secondo la tradizione i lavori furono affidati al celebre architetto Giovan Battista Piccolomini, “l’Aggiustato”, ma due progetti per teatro conservati alla Biblioteca Vaticana (uno spaccato, e una piana, la cui gemella si trova al Sir John Soane Museum di Londra) attribuiscono la paternità della sala senese a Carlo Fontana, architetto della famiglia Chigi e autore di altri progetti per il teatro romano Tordinona. Il teatro del Fontana fu inaugurato nel 1670 con l’opera drammatica in musica L’Argia.

Restauro

1700

Questa struttura, così elegante e perfetta, che aveva funzionato magnificamente per oltre 70 anni, il 7 settembre 1742 fu travolta da un improvviso incendio. A causa di problemi con il reperimento dei fondi che richiese un lungo periodo, il teatro non fu ricostruito subito. Dopo ripetute suppliche nel 1744, il consiglio di Reggenza permise il restauro provvisorio del tetto. Nel 1747, in sede di adunanza, l’Arcintronato Rutilio Sansedoni presentò un progetto di Saverio Posi per il Teatro Argentina di Roma, con l’intenzione che venisse adottato per il teatro senese e così avvenne; la nuova pianta era a ferro di cavallo con quattro ordini di palchi, ognuno con 21 palchetti meno il primo che ne aveva 20.

Nel frattempo furono richiesti alcuni ambienti al Comune per ampliare e arricchire l’ingresso, fu ottenuto il permesso di aggiungere un corpo esterno al palcoscenico (parte che verrà abbattuta nel 1942). Il 5 luglio del 1750 il teatro fu inaugurato con L’Adriano in Siria. Ma fu tutta fatica sprecata perché il 31 luglio dell’anno successivo, durante la rappresentazione dell’Antigone, scoppiò un secondo incendio, diffuso dal vento dalla zona del palcoscenico a tutte le tele e propagatosi poi anche ai palchetti, che questa volta non furono però distrutti completamente. Rinnovate le richieste di aiuto, nel maggio del 1752 il Granduca concesse il permesso di rifabbricare il teatro. Nel luglio dello stesso anno venne poi stipulato un contratto con il celebre architetto teatrale Antonio Galli detto il Bibbiena, che si dichiarò ben felice di lavorare per l’illustre Accademia. Nonostante i successivi rimaneggiamenti, possiamo dire che l’impianto realizzato dal Bibbiena corrisponde, nelle linee essenziali, a quello attuale: la pianta a campana, la soluzione del proscenio con il doppio fusto di colonne corinzie di ordine gigante e il raccordo a curvatura doppia del proscenio con i palchi confinanti sono elementi che confermano questa ipotesi.

Il nuovo teatro fu riaperto l’8 luglio 1753 con il Tito Manlio di Salvi: “e allora si vedè alluminato il sontuoso proscenio tutto, che cagionò nei riguardanti stupore e meraviglia non solo per l’alluminazione, ma molto più per l’architettura e prospettiva di 14 mutazioni di scena per le quali dimostrazioni il celebre Antonio Galli Bibiena, pittore e architetto bolognese, si è fatto un indicibile onore”. Scrive un altro poligrafo di cose senesi ai primi dell’Ottocento: “Pervenuto in Siena il celebre Antonio Galli Bibiena bolognese a dipingere il nuovo teatro e scenari di quello, conosciuto il giovane Marchetti, seco lo prese e con esso i condusse a dipingere teatri e scene nelle principali città d’Italia”. In qualità di allievo fu infatti Giovanni Marchetti, detto Pianpianino, ad essere incaricato nel 1788-1789 di ridipingere alcuni scenari deteriorati del maestro e di rinnovare le decorazioni del teatro. Quanto il soprannome fosse appropriato lo si deduce anche dai documenti, secondo i quali il pittore nel 1791 fu sciolto dagli obblighi per non aver ancora completato il lavoro.

Terza ed ultima sciagura naturale subita dal teatro nel settecento fu il terremoto del maggio del 1798 che non risparmiò il Palazzo Pubblico; il teatro subì danni ingenti vari furono gli ingegneri incaricati del restauro, di consistente entità finanziaria tanto che l’Accademia degli Intronati, ridotta in ristrettezze economiche, fu costretta a vendere il teatro ai proprietari dei palchi, i cosiddetti palchettanti, che nel 1802 si costituirono nella nuova accademia dei Rinnovati e che furono in grado di sostenere economicamente i restauri. Come consuetudine la nuova accademia acquisì un motto, il quale recitava “cangio la vecchia e nuova spoglia prendo”, ed uno stemma che rappresentava una serpe. Anche il XIX secolo vide restauri e rimaneggiamenti del teatro. Fra gli anni 30 e 40 dell’800 l’architetto di fiducia divenne Agostino Fantastici, protagonista indiscusso del gusto romantico senese. Egli nel 1832 progettò oltre ad una lumiera di più agibile accensione, nuovi camerini, locali per i coristi, un quartiere per il custode sopra l’ingresso e l’ingrandimento del palcoscenico.

Rinnovati

1900

Per quanto riguarda le vicende novecentesche, il teatro fu dichiarato inagibile nel 1927 e fu ceduto dall’Accademia dei Rinnovati al Comune nel 1935. Negli anni 1941-1942, impiegando fondi messi a disposizione dal governo e dal Monte dei Paschi, furono eseguiti i primi lavori di consolidamento e di sistemazione, cioè quelli necessari per assicurare la stabilità del teatro e per isolarlo il più possibile. I lavori furono sospesi a causa della guerra e ripresi nel 1948 valendosi della somma di L.20.000.000 elargita dal Monte dei Paschi. Questa seconda parte dei restauri fu dedicata a restituire al teatro l’agibilità per i concerti e gli spettacoli di lirica e di prosa; si incentrò sulla ricostruzione dei camerini distrutti, sul cambiamento degli impianti di illuminazione e di riscaldamento, sul rifacimento dei pavimenti e dell’attrezzatura del palcoscenico e sul rinnovamento della decorazione e dell’arredamento di tutti gli ambienti. Il teatro fu riaperto, come previsto, nel settembre 1950 in occasione della settimana musicale senese, manifestazione che in quell’anno era alla sua settima edizione. Altri interventi di restauro conservativo ebbero luogo nel 1981, in occasione del “Prix Italia” e nel 1988.

Ettore Vio

2000

Dal 2004 al 2009 è stato realizzato l’ultimo intervento di ristrutturazione e recupero curato dall’architetto veneziano Ettore Vio, garantendo il risanamento conservativo e il miglioramento funzionale dell’edificio che oggi può ospitare oltre 600 posti a sedere distribuiti tra la platea e 88 palchi.

Il 3 giugno 2009 il teatro è stato riaperto al pubblico e per testimoniare il legame profondo dei Rinnovati con la città e la sua storia, l’Amministrazione Comunale ha scelto di mettere in scena, in una versione rivisitata e attualizzata, Gli Ingannati, l’opera forse più importante del teatro senese del ‘500. Grazie all’imponente restauro oggi tradizione e innovazione convivono armoniosamente.

Sono stati recuperati nuovi, ampi spazi per il pubblico. Il Teatro si è arricchito di particolari importanti per la funzionalità e l’estetica della struttura, come nel caso dell’ampio foyer interamente rifatto, accessibile dalla ex Sala dei Messi e preceduto da un anti foyer, una nuova biglietteria interna. L’area di sosta del pubblico antistante la platea è stata ampliata grazie all’acquisizione degli spazi un tempo destinati al guardaroba e al bar.

Sono stati riportati alla luce gli imponenti arconi che anticamente collegavano il Palazzo Pubblico con il Palazzo della Campana. La superficie del palcoscenico, in legno di abete norvegese, è rimasta inalterata ma ne è stato rialzato il bordo e ridotta l’inclinazione, per facilitare la messa in scena degli spettacoli di danza. La superficie della “fossa per l’orchestra” (o golfo mistico), più ampia del 50% rispetto a quella preesistente. L’innalzamento della platea garantisce una maggiore visibilità al pubblico. Al secondo ordine di palchi è situata una saletta, ex “fumoir” del teatro, in cui si può ammirare un affresco realizzato da Cesare Olmastroni, che raffigura l’impresa dell’Accademia dei Rinnovati: la serpe che cangia la sua spoglia, con il profilo di Siena sullo sfondo. Dalla saletta si accede a due terrazze che si affacciano, una su piazza del Mercato e l’altra su via di Salicotto. Sempre al secondo ordine, a fianco della porta d’ingresso del palco reale, il restauro ha riportando alla luce una parte dell’imponente portale d’ingresso della medievale Sala Grande del Consiglio della Repubblica. È oggi visibile la porzione di un pilastro dalla muratura sovrastato da un arco a sesto acuto contornato da decorazioni a rosette, tipiche dell’architettura gotica senese, che si estende in altezza fino al IV ordine dei palchi. Al livello di via Salicotto si trova il nuovo foyer, usato anche come sala conferenze e bar, che è stato ricavato nel luogo in cui fino a pochi anni fa erano ubicati vari uffici dei Servizi Demografici. Nel salone una parete contiene una raffinata citazione di arte contemporanea ispirata ai “neri” di Burri, che si armonizza con leggerezza allo spazio antico, nobilitato dalle nuove funzioni. Dall’anti-foyer si ha una mirabile vista di una porzione della facciata posteriore del Palazzo Comunale, oggi maggiormente leggibile, in seguito all’abbattimento di alcuni solai. In piazza del Mercato è stato costruito un secondo ingresso al Teatro, grazie al quale i diversamente abili possono accedere al foyer, alla biglietteria e alla platea mediante due ascensori.

All’interno della sala è stata ampliato il golfo mistico ed è stato innalzato il pavimento per consentire il passaggio dell’aria climatizzata sotto le poltrone. Con la supervisione della Soprintendenza per i Beni Storico Artistici ed Etnoantropologici per le Provincie di Siena e Grosseto, sono stati restaurati i quattro fascioni dei palchi, le cui decorazioni erano state realizzate nel 1838 da Alessandro Maffei, in occasione del restauro curato da Agostino Fantastici.

Il Teatro dei Rinnovati è stato sempre protagonista delle stagioni teatrali: un luogo carico di fascino, di Storia e di storie, aperto alle sperimentazioni e custode della memoria e dell’identità cittadina. In data 13 marzo 2024, è arrivata la notizia dalla Commissione Cultura della Camera, che il Teatro dei Rinnovati è stato riconosciuto come monumento nazionale.

Un riconoscimento importante per la valorizzazione dei territori partendo proprio dalla cultura e dal patrimonio storico e artistico. Un bene che da preservare e conservare e, allo stesso tempo, valorizzare come luogo di incontro, confronto e sperimentazione di nuovi linguaggi.

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“Il teatro non è il paese della realtà: ci sono alberi di cartone, palazzi di tela, un cielo di cartapesta, diamanti di vetro, oro di carta stagnola, il rosso sulla guancia, un sole che esce da sotto terra. Ma è il paese del vero: ci sono cuori umani dietro le quinte, cuori umani nella sala, cuori umani sul palco.”
Victor Hugo

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