Follia e pazzia di una città in uno spettacolo della compagnia Aresteatro
di e con Francesco Burroni
musica dal vivo Eugenio Stella
disegno luci Claudia Tabbì
coreografia Silvia Priscilla Bruni
Il progetto di spettacolo è nato in occasione del convegno “Un O.P. di nome San Niccolò, Storia e memoria della psichiatria senese a 50 anni dalla legge Basaglia”. Nel racconto si intrecciano i ricordi del padre dell’autore, Livio Burroni, che ha lavorato al San Niccolò dal 1945 al 1981. Insieme ai ricordi, troviamo elementi autobiografici e testimonianze letterarie e storiche che riguardano il rapporto della città di Siena con la pazzia e/o follia.
È proprio sulla differenza tra questi due termini che si centra il racconto: “pazzia” malattia mentale e sofferenza, “follia” come creatività fuori dagli schemi ordinari.
La storia parte, quindi, dal medioevo quando Dante nella Divina Commedia chiama i senesi “gente vana” e Boccaccio ne deride gli ingenui abitanti in una novella del suo Decameron, per parlare poi dei personaggi che nella città erano considerati fuori dalle regole: santi, eretici, streghe, matti, briai ecc. per arrivare alle feste in cui la pazzia era esaltata come momento fondamentale per la vita della città, perché senza di lei non ci sarebbero stata l’allegria e le feste di Carnevale.
Ai racconti si intreccia la storia del manicomio di Siena, dalla sua fondazione come “Ospedale de’ pazzarelli” fino alla sua chiusura con la legge Basaglia.
È proprio sulla differenza tra questi due termini che si centra il racconto: “pazzia” malattia mentale e sofferenza, “follia” come creatività fuori dagli schemi ordinari.
La storia parte, quindi, dal medioevo quando Dante nella Divina Commedia chiama i senesi “gente vana” e Boccaccio ne deride gli ingenui abitanti in una novella del suo Decameron, per parlare poi dei personaggi che nella città erano considerati fuori dalle regole: santi, eretici, streghe, matti, briai ecc. per arrivare alle feste in cui la pazzia era esaltata come momento fondamentale per la vita della città, perché senza di lei non ci sarebbero stata l’allegria e le feste di Carnevale.
Ai racconti si intreccia la storia del manicomio di Siena, dalla sua fondazione come “Ospedale de’ pazzarelli” fino alla sua chiusura con la legge Basaglia.