Come possono le parole “non dette” o le intonazioni ambigue provocare malintesi e guastare definitivamente l’amicizia di due vecchi amici? Questa è la domanda di fondo di “Pour un oui ou pour un non”.
La commedia di Nathalie Sarraute, una delle più importanti scrittrici francesi che ha occupato un posto nell’alchimia tra teatro dell’assurdo e del quotidiano, mette al centro la forza delle parole in una ragnatela di incomparabile abilità.
Pour un oui ou pour un non: la trama
Due amici che si ritrovano dopo un non motivato distacco si interrogano sulle ragioni della loro separazione e scoprono che sono stati i silenzi tra le parole dette e soprattutto le ambiguità delle “intonazioni” a deformare la loro comunicazione aprendola a significati multipli e variati. Ogni “intonazione” può essere variamente interpretata dalla disposizione d’animo di chi l’ascolta.
Questo è il tema centrale di “Pour un oui ou pour un non”. Il titolo si può semplicemente tradurre con “Per un si o per un no” ma che in realtà significa molto di più e che nella nostra lingua ha solo un’apparente valenza speculare. “Per un si o per un no” è quel nulla che può cambiare tutto, quel nonnulla che provoca lacerazioni profonde, ferite insanabili.
La prosa della Sarraute, nella sua complessità, è un banco di prova per due manipolatori della parola quali Franco Branciaroli e Umberto Orsini. I due artisti si ritrovano sulla scena dopo tanti anni per dare vita al terribile gioco al massacro che la commedia prevede.
A guidare questo gioco sarà uno dei maestri indiscussi dello spettacolo, Pier Luigi Pizzi, che ritorna al suo antico amore per la prosa ben noto a chi lo ricorda tra i collaboratori più assidui della “Compagnia dei giovani” fin dai sui inizi.
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