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DON GIOVANNI
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Don Giovanni è un immorale, cioè non riconosce i valori morali della società in cui vive: la fedeltà a una sola donna è per lui un «falso onore». Le donne, nell’ottica deformata e volutamente paradossale del libertino, vengono presentate come vittime da salvare, perché ingiustamente defraudate della possibilità di essere sedotte. Qual è dunque la sola forza cui obbedisce il protagonista? L’impulso naturale, il piacere, costantemente rinnovato su un oggetto diverso, il gioco della seduzione e la vittoria finale sulla vittima e sui valori in cui questa credeva.
Note di Regia
La mia passione per il personaggio di Don Giovanni, e per il suo inseparabile alter ego Sganarello (come Hamm e Clov di “Finale di Partita”, o come Don Chisciotte e Sancho Panza) nasce all’inizio soprattutto dalla frequentazione dell’opera di Mozart/Da Ponte. Sicuramente i miei genitori mi portarono a vederla al San Carlo di Napoli, come sicuramente vidi il film che ne trasse Joseph Losey nel 1979. Ma l’incontro veramente decisivo con questo personaggio, e con l’opera mozartiana, avvenne intorno ai miei vent’anni, epoca in cui frequentavo l’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica di Roma. Uno storico insegnante di Storia della Musica, Paolo Terni, ci fece lavorare proprio sul “Don Giovanni” e in una forma che potrei definire di “recitar-cantando”, in cui ci chiese di interpretare il bellissimo libretto di Lorenzo Da Ponte (bellissimo per poesia, musicalità e vivacità, ma anche perché – e non lo dico solo io – è una delle opere più alte, dal punto di vista linguistico, della letteratura italiana). Oltre al libretto dapontiano recitavamo rapportandoci con la musica di Mozart, con i suoi ritmi e le sue melodie. E in quella occasione questa irrefrenabile corsa verso la morte (l’opera si apre con l’assassinio del Commendatore e si conclude con lo sprofondare di Don Giovanni nei fuochi infernali), questa danza disperata, ma vitalissima, sempre sull’orlo del precipizio, questa sfida al destino (o come direbbe Amleto: “al presentimento”) mi è apparsa in tutta la sua bellezza e forza. Negli anni successivi (come chi conosce un po’ il mio teatro sa) tra i miei autori prediletti si è imposto decisamente Molière, quindi mi è parso naturale lavorare su una drammaturgia che riguardasse sia il testo di Molière, appunto, che il libretto di Da Ponte. Anche il discorso musicale da tempo, o forse da sempre, mi coinvolge, e quindi ho deciso di raccontare questo mito, che è Don Giovanni, usando forme e codici diversi, conservando di Molière la sua capacità di lavorare su un comico paradossale e ossessivo, che a volte sfiora il teatro dell’assurdo, e di Da Ponte la poesia e la leggerezza, a volte anche una “drammatica leggerezza”. Poi c’è la musica di Mozart che di questa vicenda riesce a raccontare sia la grazia che la tragedia ineluttabile. Perché in fondo questa è anche la storia di chi non vuole, o non può, fare a meno di giocare, recitare, sedurre; senza fine, ogni volta da capo, fino a morirne.
Arturo Cirillo
Incontro con il pubblico
Seguiranno maggiori informazioni
Crediti
Arturo Cirillo
DON GIOVANNI
da Molière, Da Ponte, Mozart
Adattamento e regia di Arturo Cirillo
con Irene Ciani, Rosario Giglio, Francesco Petruzzelli, Giulia Trippetta, Giacomo Vigentini
Scene di Dario Gessati
Costumi di Gianluca Falaschi
Luci di Paolo Manti
Musiche di Mario Autore
Marche Teatro Scarl